Vivaio Gonella

Intervista realizzata novembre 2018 con Fabrizio Gonella (gestore attività) presso Vivaio Gonella, Strada Castello di Mirafiori 60

Il Vivaio Gonella nasce nel 1973 per la  produzione e i piantamenti dei pioppi;  da metà anni ’80 si rivolge al mercato  delle piante ornamentali e annuali e  all’allestimento e cura dei giardini privati,  finchè, negli anni ’90 con l’avvento  degli ipermercati, inizia a dedicarsi  esclusivamente alle piante da frutta in  vaso: «La pianta in vaso permette un  allungamento del periodo di lavoro e  vendita; la crisi si sente ugualmente,  ma è dovuta a molteplici fattori:  ad esempio, oggi tra i giovani è  diminuito il desiderio di passare  del tempo libero dedicandosi alla  cura dell’orto o delle piante…se sei  in vacanza vai via, non ti metti a  passare il verderame o a potare le  piante nell’orto».  

Il cambiamento degli ultimi anni è stato  globale, ma la chiusura della Grande  Fabbrica ha notevolmente mutato il volto  del quartiere. Fabrizio Gonella ricorda la  sua infanzia a Mirafiori: «Era il 1969 e io  avevo 6 anni quando ci trasferimmo  in via Pomaretto. Cime Bianche,  quella parte che confina con il muro  grigio della Fiat, era vitale, pieno  di persone: sembrava un paese. 

C’era il giornalaio, le panetterie, le tintorie, 4-5 fruttivendoli…persino  un negozio di scarpe. Noi, bambini  prima e ragazzi poi, passavamo il  tempo per le vie del quartiere, ci si  incontrava, si giocava. Ricordo l’’82,  l’anno dei Mondiali: si andava al  campetto in fondo che era senza luce  e restavamo a calciare il pallone  finchè lo vedevamo. Poi, tutti a casa  a lavarsi e mangiare e, di nuovo,  si andava fuori. Oggi non c’è più  nessuno per strada e i negozi hanno  chiuso: se non vai al supermercato,  hai difficoltà a reperire i prodotti per  sopravvivere».  

Per Fabrizio il futuro deve essere  senza fabbrica: «Le fabbriche vanno  lasciate ai posti che non hanno  questo panorama. Mirafiori Sud è  un luogo bello, va salvaguardato. E’  necessario però l’accompagnamento  di una ripresa economica, con  nuovi abitanti che tornino a sentirsi  comunità, altrimenti si rischia di  fare la fine delle banlieues francesi,  invivibili e senza anima».