Loop – studio di registrazione

Intervista realizzata aprile 2019 con Marco La Magna (gestore e tecnico attività) presso Loop Studio di Registrazione di Marco Carli e Marco Giordano,  Strada del Drosso 205/L

Loop Sale Prova nasce nel 1997 in un  grande ex capannone industriale in  mezzo ai campi di Strada del Drosso.  Dismesso e abbandonato per parecchio  tempo, negli anni Novanta viene diviso  in lotti, successivamente utilizzati per  varie attività produttive e artigianali:  carrozzerie, produzione di zerbini,  falegnamerie. Dopo una serie di passaggi  di proprietari, la sala prove arriva a  Marco Capello e Marco Carli, coadiuvati  da Marco La Magna, gestore e tecnico,  nonché produttore discografico. Questo  studio, con i suoi vasti spazi colorati, cerca  di riempire una mancanza di Mirafiori:  «Il quartiere non è più quel posto  pericoloso, crudo e popolare come  negli anni Ottanta e Novanta, quando  io lo vivevo come adolescente.

Allora, però, c’era fermento e voglia  di fare arte: i gruppi musicali non  si contavano e c’erano dei locali in  cui passare le serate senza dover  necessariamente andare in centro:  il famoso Giau, il Big Ben, il Roger  Pub o la discoteca Naxos di piazza  Guala. Oggi Mirafiori Sud è un luogo  piacevolmente residenziale, la gente  viene a viverci per la quiete e il  

verde. Però manca il resto.»

Inoltre,  si nota un grande buco generazionale:  «Dopo la chiusura della Fiat, che  dava lavoro alla maggior parte degli  abitanti, i nati negli anni Settanta si  sono ritrovati con il nulla e se ne sono  andati. Molti non sono più tornati.  Invece, la generazione successiva  ha deciso di restare, proprio per la  tranquillità. Ma la riqualificazione  residenziale ha avuto un contraltare:  la personalità di Mirafiori si è persa;  oggi la zona è totalmente priva di  fermento culturale e artistico. Ci  sono tanti luoghi che attendono di  essere abitati e vissuti dai “nuovi  ragazzi”, e, sebbene il quartiere  sia un’isola felice rispetto a tante  altre zone, persino senza il disagio  alienante della periferia anni  Ottanta, mancano gli stimoli che  possono renderlo ancora “vivo”.»